Salute mentale nelle scuole: una crisi nascosta che affligge milioni di studenti*

Si potrebbe chiamare “epidemia silenziosa”: negli Stati Uniti fino a un ragazzino su cinque – dalle elementari al liceo – mostra segni o sintomi di un disturbo di salute mentale. Quindi, in una classe di scuola composta da 25 studenti, cinque di essi saranno alle prese con gli stessi problemi di molti adulti: depressione, ansia, abuso di sostanze. Eppure la maggior parte dei bambini – quasi l’80 per cento – che avrebbero bisogno di cure psicologiche, non ne ricevono.
Con o senza il sostegno della terapia vanno comunque a scuola e i problemi che devono affrontare sono strettamente connessi ai grandi problemi riscontrati nelle scuole: assenze ripetute, basso rendimento, comportamento dirompente e abbandono. Gli esperti dicono che la scuola potrebbe avere un ruolo decisivo nell’identificare gli studenti con problemi e aiutarli ad avere successo eppure quasi nessuno èn è preparate ad affrontare questo compito. Insegnanti, educatori spesso a causa di una mancanza di risorse, non sono abbastanza per affrontare queste difficoltà e quelli che ci lavorano spesso annegano nella fatica di affrontare tutti i casi. I ragazzi in difficoltà possono perdersi.

“Nessuno mi ha mai chiesto niente”

Katie (non usiamo il cognome per proteggere la sua privacy) era uno di quei ragazzi. Oggi ha 18 anni ma quando ne aveva 8 si trasferì in un’altra scuola a metà dell’anno scolastico.

“Durante la ricreazione, non avevo amici con cui giocare”, ricorda “perciò trovavo delle scuse per restare in classe con gli insegnanti e finire i compiti o fare qualche lavoretto extra”.

Le furono diagnosticate bulimia e depressione. Nel giro di pochi mesi, passò dall’essere tra i più bravi della classe al fallimento. Ingrassò e i compagni la chiamavano “cicciona”, cominciò a tagliarsi e a perdere molti giorni di scuola.

“Mi sentivo come se ogni singolo giorno fosse una brutta giornata, come se nessuno volesse aiutarmi”. Katie dice che gli insegnanti la trattarono come una che non voleva fare i compiti.

“Ero invisibile ai loro occhi. Ogni anno di liceo era orribile”. Quando raccontò alla sua terapeuta che voleva morire fu organizzato il ricovero in ospedale. Durante tutto questo tempo, Katie racconta che non un insegnante le chiese mai: “Cosa c’è che non va?”

Chi avrebbe dovuto fare quella domanda? 

Abbiamo parlato con educatori, avvocati, insegnanti e genitori in tutto il paese. Ecco come dovrebbe essere un approccio globale all’educazione e alla salute mentale.

La famiglia

: il primo posto per individuare i problemi è la famiglia sia che si tratti di abuso di sostanze, brutti voti o un bambino che dorme troppo. Gli adulti di casa – genitori, fratelli, altri parenti – sono spesso i primi a notare che c’è qualcosa che non va.

La realtà: molte famiglie non sanno cosa cercare. A volte un problema serio può essere trascurato pensando che sia “solo una fase” ma sono quei repentini cambiamenti – scoppi d’ira, difficoltà di rendimento scolastico, cambiamenti nel dormire o nel mangiare – che possono segnalare dei problemi davvero seri. Quando notano qualcosa di insolito, le famiglie devono collaborare con la scuola ancora di più.

Gli insegnanti

: durante la settimana molti studenti vedono gli insegnanti più della famiglia stessa. Maestri e professori sono dunque in una posizione privilegiata per notare cambiamenti nel comportamento. Devono essere informati, vedere come gli studenti si rapportano gli uni con gli altri e notare i cambi di attenzione dei loro alunni.

La realtà: gli insegnanti hanno già una tonnellata di lavoro da fare. Sono sottoposti anche loro a pressioni continue, preparare le lezioni, assegnare e correggere i compiti, rispettare il programma ministeriale. La stragrande maggioranza inoltre ricevono una formazione minima sui problemi di salute mentale. Detto questo quando vedono qualcosa di preoccupante, possono sempre farlo presente.

Gli insegnanti di sostegno

: possono iniziare a lavorare con gli studenti quando un problema di salute mentale influenza la capacità di fare il lavoro scolastico. Sono i primi a poter intervenire per lavorare sulle difficoltà accademiche.

La realtà: Anche in questo caso, non ce ne sono abbastanza. Quasi ovunque si registra una carenza di insegnanti di sostegno e la maggioranza delle scuole ha difficoltà ad assumere candidati altamente qualificati.

Lo psicologo della scuola

: ecco un lavoro che, sulla carta, è veramente dedicato agli studenti con questo tipo di problema. Gli psicologi scolastici hanno un ruolo chiave quando si tratta di intervento di crisi e possono indicare agli studenti un aiuto esterno, come ad esempio ricorrere allo psichiatra.

La realtà: in Italia non è prevista le presenza dello psicologo scolastico. La scuola che ha autonomia di bilancio chiede ad un professionista iscritto all’albo, la disponibilità per qualche ora, possibilmente un giorno a settimana, indipendentemente dal numero degli studenti.  Lo psicologo non supporta la classe insegnante né le famiglie e non ha voce in capitolo sull’organizzazione delle attività extracurriculari.

Il Dirigente scolastico

: prende la grande decisioni su cosa sia o non sia prioritario. Può proporre iniziative sull’educazione emotiva, anti-bullismo e per la prevenzione del suicidio.

La realtà: quella del Preside è una funzione manageriale, dal bilancio al consiglio di classe, dal POF al coordinamento del personale. Un lavoro enorme per una sola persona che difficilmente lascia tempo e soldi per organizzare attività extra-scolastiche.

La richiesta di aiuto e la nuova “passione per la vita”

Katie dice le cose cominciarono a girare per lei quando ha incontrò un’infermiera scolastica del Sistema sanitario nazionale a Washington (figura anche questa non prevista in Italia), che finalmente mostrò interesse per la sua sofferenza e ora che ha iniziato il college vuole diventare infermiere pediatrico.


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