Perché non ha senso parlare di manipolazione nel disturbo borderline

Una delle questioni più spinose riguardo il comportamento borderline è quella sulla
manipolazione dato che chi soffre di questo disturbo è spesso accusato di farne largo uso. Chi ne parla sono di solito i genitori oppure i compagni o gli ex che ripercorrendo la storia del loro rapporto si spiegano solo così il dolore che gli è stato o gli è tutt’ora causato.
Ma cos’è la manipolazione? Prendiamo per buona la definizione di Wikipedia: “La manipolazione psicologica è un tipo di influenza sociale finalizzata a cambiare la percezione o il comportamento degli altri usando schemi e metodi subdoli e ingannevoli che possono anche sfociare nell’abuso sia psicologico che fisico. Il fine ultimo perseguito dal manipolatore è la soddisfazione dei propri interessi, di norma a spese degli altri.”
E’ stato più volte spiegato nei nostri post che il soggetto borderline soffre di un tipo di disturbo che rende la percezione della sua identità estremamente nebulosa e che, di conseguenza, ha anche una percezione piuttosto limitata dei suoi bisogni e di come soddisfarli.
Il sentito che più di tutti lo fa reagire è quello del vuoto, che potrebbe essere spiegato come una sorta di alienazione, la sensazione di non sapere chi si è e cosa si stia facendo nella e della propria vita.
Alla base di questa sensazione c’è, da un lato, una mancata o molto difficoltosa comunicazione fra l’amigdala e la corteccia prefrontale, dall’altro un’esperienza traumatica non elaborata che potrebbe essere un abuso, un’invalidazione ripetuta o anche un’interpretazione del soggetto stesso che andrebbe rivalutata con degli esperti.
 
Questi fattori, genetici e ambientali sono alla base del disturbo e anche del modo disfunzionale dei soggetti borderline di rapportarsi a se stessi e agli altri. Quando si trovano in piena crisi o sentono di essere vicini a perdere il controllo cercano di coinvolgere chi si trovano più vicino (cioè le persone con le quali sentono di avere un legame più profondo e riconoscibile) tentando di colmare quel vuoto percepito anche se non sanno esattamente come fare. Hanno in realtà un profondo bisogno di essere contenuti anche se difficilmente se ne rendono conto…
Detto questo ogni soggetto tenderà a cercare una soluzione alla propria sofferenza interiore assecondando il proprio temperamento e le proprie attitudini: perché i borderline NON sono tutti uguali. Rivolgeranno la loro aggressività verso di sé, qualcuno lo farà verso gli oggetti, qualcun’altro verso gli altri sopratutto verbalmente, eventualmente anche in senso fisico.  Per un borderline è molto frustrante non riuscire a spiegare quello che prova e se si sente giudicato – basta anche il suo stesso giudizio – il livello di stress lo porta a reagire violentemente. Non c’è nulla di premeditato, è una questione di sopravvivenza.
Marsha Linehan, uno dei massimi esperti del disturbo borderline e ideatore della terapia DBT spiega questo meccanismo con questa storia: “Immaginate per un momento che un catastrofico terremoto abbia distrutto una grande città. La polizia, i vigili del fuoco, la protezione civile sono oberati di lavoro. Nessuno è in grado di aiutarvi e intrappolato tra le macerie all’interno di una piccola apertura c’è vostro figlio: la creatura che amate di più al mondo grida di aiuto. L’apertura è troppo piccola per potervi strisciare attraverso, se solo riusciste ad entrare di un metro! Trovate un bastone sperando che lui sia in grado di afferrarlo, ma senza alcun risultato. Il tempo non è dalla vostra parte, i soccorsi stanno chiedendo alle persone di sgomberare l’area, vi aspettate in ogni momento una scossa di assestamento. Il bambino sta piangendo, è piccolo non può muoversi perché ha le ossa rotte!
Cosa pensereste del suo gridare? Pensereste che vi sta manipolando o semplicemente che stia facendo il difficile? Pensereste che uscirà quando sarà pronto? Cosa fareste al posto suo? Non urlereste, non cerchereste di convincere qualcuno a tirarvi fuori da quel buco in ogni modo: parlando dolcemente, dando dei suggerimenti, minacciando, forzandolo, inveendo?”
La sofferenza interna di una persona che soffre di disturbo di personalità borderline non solo ha l’intensità di quello che prova quel bimbo ma anche la stessa urgenza. Questo significa che quando parte la spirale della crisi il soggetto non riesce più ad avere il controllo di quello che prova non può spiegarselo, anzi è totalmente fuori controllo. In queste occasioni spesso telefona (vi invitiamo per questo a leggere Chi è il tutor e perché dovresti averne uno) alle persone più strette minacciando di farsi del male o il suicidio o urlando la loro rabbia: “Nella mia esperienza di terapeuta di pazienti borderline con tendenze suicide ho notato che il loro comportamento suicida è spesso interpretato come “manipolativo”. Questa intepretazione è fonte, per loro [i pazienti], di un forte senso di invalidazione e aumenta la loro sensazione di essere fraintesi. Dal loro punto di vista, il comportamento suicidario è un riflesso di una grave e, a volte frenetica ideazione suicida e dell’incertezza sulla possibilità di continuare o meno a vivere. I numerosi comportamenti suicidari e le minacce di suicidio, sono reazioni estreme alla critica e il rifiuto, e l’incapacità di questi individui di spiegare quale sia la causa di questo sentire influenza direttamente il loro comportamento e fa in modo che le altre persone si sentano manipolate. Però imputare un intento manipolatore a uno o più comportamenti, anche se fanno sentire gli manipolati – è semplicemente un errore di logica.”
Il fatto che ci si senta manipolati da un comportamento non vuol dire che l’altro ci stia davvero manipolando.

 


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Una risposta a “Perché non ha senso parlare di manipolazione nel disturbo borderline”

  1. Avatar AM
    AM

    Mi piacerebbe poter contattare l’autore di questo articolo.