Manipolazione: sei sicuro di averla capita?

Torniamo sul tema della manipolazione che sempre riscuote grande attenzione perché – come abbiamo già detto in un precedente articolo che potete leggere qui – quella di essere manipolatori è una delle critiche più aspre che viene mossa a chi soffre di disturbo borderline. L’accezione del termine è sempre negativa e se da un lato rappresenta lo scoglio maggiore nella comprensione del disturbo, dall’altro comprenderne il meccanismo è una delle chiavi di risoluzione del problema.

Cosa è ‘manipolazione’?
Utilizziamo ancora una volta la definizione di Wikipedia: “La manipolazione psicologica è un tipo di influenza sociale finalizzata a cambiare la percezione o il comportamento degli altri usando schemi e metodi subdoli e ingannevoli che possono anche sfociare nell’abuso sia psicologico che fisico. Il fine ultimo perseguito dal manipolatore è la soddisfazione dei propri interessi, di norma a spese degli altri.” Se riflettiamo un momento su quanto appena letto possiamo ricollegarlo più o meno a chiunque e in qualsiasi condizione psicologica.
Dal neonato che imitando impara a compiacere con sorrisi e lallazione il genitore per vedere soddisfatto il suo bisogno di nutrimento e protezione, al medico che usa la posizione di superiorità data dalle sue conoscenze per convincere il paziente ad abbandonare degli stili di vita insalubri. I metodi di entrambi possono risultare subdoli o ingannevoli perché a prescindere dalla bontà o meno delle loro intenzioni sono finalizzati a cambiare la percezione e/o il comportamento della persona che hanno davanti.
Il neonato ottiene così la soddisfazione dei propri interessi e pure il medico e questo avviene a “spese” altrui perché una persona al di fuori di loro dovrà con sforzo maggiore o minore adattarsi a quello che gli è stato richiesto.
Il parere dell’esperto
Perché dunque la richiesta del borderline viene percepita come manipolativa, come mai se la richiesta arriva da qualcuno o da qualcun’altro la nostra reazione cambia?
La risposta è che l’incapacità di comprendere il perché i soggetti borderline si comportano in un certo modo porta l’interlocutore ad interpretare questi comportamenti come abusanti.  “Per capire una persona con questa diagnosi, bisogna capire quanto i loro sentimenti siano urgenti. Non sono come i nostri sentimenti – spiega il dottor Fonagy – che sono sempre riequilibrati dalla dimensione cognitiva. Il loro sentire è prorompente perché non ha un contesto. Ecco perché tendono a catastrofizzare: perché quel sentito senza il pensiero è percepito come un disastro, un terribile disastro. Empatizzare con questo, tenerlo a mente è molto importante. Il sentito li trascina perché usano la “logica dell’emozione” tutto quello che pensano è vero e non può essere in altro modo.”
Peter Fonagy, direttore del Dipartimento di Psicologia Clinica, della Salute e dell’Educazione presso l’University College di Londra e direttore esecutivo dell’Anna Freud Centre di Londra, è noto nel panorama scientifico per aver approfondito il concetto di mentalizzazione e per aver messo a punto con il dottor Bateman la terapia MBT (mentalization based therapy). Pensata e utilizzata, quest’ultima, per il trattamento del disturbo di personalità borderline, la stanno ora approfondendo per tararla anche sul trattamento disturbo antisociale sopratutto in comorbidità col borderline. “Pensate per un secondo a come vi sentireste se non aveste la capacità di limitare l’impatto che gli altri hanno su di voi. Come vi sentireste – prosegue Fonagy – se i sentimenti degli altri risuonassero dentro di voi tanto da diventare anche i vostri; tanto che quando gli siete troppo vicini, quello che provate sparisce a meno che l’altro non sia totalmente concentrato su di voi? Tanto che se l’altro fa qualcosa per se stesso allora voi non esistete più. La conseguenza è che le persone con questa diagnosi diventano molto rigide nell’accontentare se stesse, nel mostrare dove sono i confini e apparentemente anche nel controllare l’altro, le emozioni e i sentimenti. Vengono chiamati “manipolatori” che non è affatto gentile nei loro confronti, perché non sono manipolatori: tutto quello che stanno cercando di fare è impedirvi di influire negativamente su di loro, cosa assolutamente ragionevole dal loro punto di vista”
Il messaggio che Fonagy ha voluto far passare è che quella che viene definita manipolazione è in realtà un vero e proprio meccanismo di difesa. La persona che lo mette in atto ha bisogno di proteggere il suo equilibrio interiore da un’intrusione esterna che potrebbe precipitarlo in una crisi più o meno grave. È un meccanismo piuttosto primordiale del quale molto spesso non si ha neppure consapevolezza ma che, come potete capire, ha più a che fare con la sopravvivenza che con la sopraffazione.
Come affrontare la manipolazione
Nonostante le spiegazioni siano fondamentali per approcciare al problema nella maniera più appropriata e risolutiva possibile rimaniamo esseri umani, questo significa che da qualche parte i commenti pungenti, le risposte rabbiose, i comportamenti evitanti colpiranno. In alcuni giorni sarà più facile utilizzare questa consapevolezza altri meno, cosa fare quindi per non farsi schiacciare e al contempo supportare la persona a cui vogliamo bene?
Non bisogna fare dell’urgenza del nostro caro la nostra urgenza, quando l’altro ha un atteggiamento che non capiamo o non condividiamo, bisogna evitare di giudicarlo come ‘buono’ o ‘cattivo’ è molto meglio prendere le distanze e approcciare da un altro punto di vista. Una domanda che può aiutare in certi casi è: “se lui/lei non fosse in crisi reagirebbe in questo modo?” se la risposta è no allora forse potete aspettare che il momento di disregolazione finisca per poi affrontare la questione con più calma in un secondo momento.
Se la persona in questione è già in terapia e avete la possibilità di confrontarvi con un terapeuta o seguire dei gruppi come quelli organizzati da NEA.BPD vi suggeriamo di confrontarvi con loro per dissipare ogni dubbio, capire come comportarvi in situazioni più specifiche e farvi supportare emotivamente.
In caso non abbiate un riferimento terapeutico siate molto sinceri con voi stessi, non potete salvare nessuno con il vostro amore senza pagare un prezzo altissimo in termini emotivi, con il rischio di minare la vostra serenità e magari di fare qualcosa che non faccia bene né all’altro né tanto meno a voi stessi.

 


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Commenti

Una risposta a “Manipolazione: sei sicuro di averla capita?”

  1. Avatar MARGHERITA GRUMI
    MARGHERITA GRUMI

    …ad ogni modo entrambe le persone coinvolte si trovano in una condizione critica: dove uno vuole difendersi (chi è affetto da dbp) e laltro che non vuole farsi male – in termini di delusione, di sentimento di sfruttamento, di sensazione di raggiro (il caregiver)…