Adolescenti: quelli che rompono

L’adolescenza è lo spauracchio di ogni genitore, gli insegnanti ne sono terrorizzati, le istituzioni la ignorano e i diretti interessati si dividono tra quelli che ci convivono bene e quelli che no, non ce la fanno proprio perché essere un adolescente può anche fare schifo.
Se ne parla dappertutto ma nessuno ne sa dare una definizione, i meglio informati la collocano più o meno  intorno ai tredici anni ma non sanno quando farla finire. Ci si nasconde dietro le questioni anagrafiche perché in fondo l’unica cosa certa di questa fase della vita è che i ragazzi si trasformano, da angioletti da sbaciucchiare a mostri succhiavita. L’unica cosa chiara come la luce del sole è che ad un certo punto le comunicazioni si interrompono e genitori e figli e adulti e ragazzi si trincerano dietro la loro posizione maledicendo la fazione opposta.
Sarebbe il caso di fare un po’ di chiarezza a questo punto.
L’adolescenza è una fase della crescita dell’individuo e non rappresenta altro che un passaggio dall’infanzia all’età adulta e ovviamente richiede del tempo. Quello che inizialmente era un neonato ha appreso degli strumenti che gli permettono di entrare in contatto con coloro i quali, ancora per un po’ gli saranno necessari per il soddisfacimento dei bisogni (non desideri, non capricci capiamoci ma bisogni) e inizia pian pianino a sviluppare ‘l’identità’.
Il concetto di identità ha una valenza decisiva sul piano psicologico e rende il soggetto indipendente al punto da poter stare sia da solo che con gli altri, rappresenta la conoscenza e l’accettazione di se stessi, concetto che tendenzialmente gli adulti ignorano, vittima come sono della frenesia produttiva. Quel bambino che dalla nascita fin verso i tre anni non ha ancora ricordi ha però una memoria emotiva che costruisce dentro di lui la sensazione di cosa sia essere al mondo.
Crescendo ancora questo nuovo individuo si emancipa sempre di più, già dai tre anni inizia la fase dei ‘no’ quando cioè risponde ‘no’ a qualsiasi cosa gli venga proposta dai genitori. In quel modo non fa altro che dire all’adulto di riferimento ‘io non sono te’, non è una ribellione dovuta alla cattiva educazione o al carattere del bambino, ai vizi che gli sono stati eventualmente dati ad uno dei genitori o da entrambi bensì una tappa fondamentale della crescita di chiunque. Ecco da questo momento in poi con la parola si instaura un dialogo completamente diverso che si interrompe spesso drasticamente nella fase della quale stiamo parlando.
Avere un figlio è profondamente destabilizzante: quando è ancora un bambino rappresenta sul piano simbolico l’istinto, cosa che negli anni tendiamo a non seguire più mentre da giovane uomo rappresenta la ribellione ed è, se possibile, ancora peggio perché rispetto a quest’ultima ci irrigidiamo, alziamo un muro e pretendiamo di domare l’energia vitale di queste creature solo con il potere della nostra autorità.
Questo braccio di ferro difficilmente sarà risolutivo e lascerà esauste entrambe le parti.
In famiglia ognuno ha un ruolo e il rispetto di questi ruoli permette ai singoli di evolvere, è importante che il genitore sia una figura di riferimento autorevole anziché autoritaria, bisogna che sia in grado di contenere l’emotività del figlio e che gli doni il suo tempo. È un compito arduo e, per il genitore, può voler dire cercare aiuto.
L’aiuto va cercato in una terapia familiare, nel dialogo con gli insegnati, in letture edificanti che indichino una via dove non se ne intravede una, in attività condivise che facilitino la confidenza e approfondiscano la conoscenza. A vostro figlio piace il metal e a voi no? Chiedetegli di raccontarvi qualcosa su questo genere di musica e di parlarvi delle sue band preferite. Vostra figlia esce tutti i pomeriggi? Perché una sera non la sorprendete portandola in un pub, potrete bere qualcosa insieme e magari farvi sorprendere dalla sua familiarità con dei contesti così diversi da quelli in cui la immaginereste.
Gli adolescenti non sono mostri ma adulti in divenire, impareranno la considerazione se verranno considerati, il rispetto se saranno rispettati. A questo proposito prendetevi ogni giorno del tempo per curare il dialogo validante, quello cioè senza giudizio, sarà più facile in questo modo capire se c’è davvero qualcosa che non va e eventualmente trovare insieme il modo di affrontare le difficoltà.

 


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